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GUÈ PEQUENO
A due anni di distanza da Sinatra, il suo ultimo lavoro, Gué Pequeno torna a sorpresa con un nuovo album che ha tutte le caratteristiche per dimostrare, ancora una volta, la sua assoluta centralità e rilevanza nel panorama attuale, nonché i suoi meriti sulla lunga distanza. È infatti indubbio che sia stata la sua produzione, sia come solista che con i Club Dogo, a plasmare l'immaginario e il sound da cui la musica urban italiana ha attinto a piene mani negli ultimi quindici anni. E mai come in Mr. Fini sono evidenti tutte le sue influenze musicali, geografiche, letterarie e cinematografiche, come in un mosaico che si apprezza ancora di più se osservato nel suo insieme.
L'album è concepito come un vero e proprio kolossal d'autore dalle ambientazioni variegate, che alterna scene d'azione, climax epici e inquadrature intime e neorealiste, costruendo una perfetta tensione narrativa in cui il protagonista è anche l'antagonista, ma è impossibile non fare il tifo per lui. Alla regia, e sotto i riflettori, c'è Gué Pequeno, come artista e come persona: Mr. Fini (questo il suo cognome
all'anagrafe) è un personaggio che non sfigurerebbe in un film di Quentin Tarantino o Brian De Palma. Lo abbiamo già conosciuto a fondo in Vero – album di Gué del 2015, considerato una delle sue prove più riuscite; non a caso le copertine di entrambi i dischi hanno atmosfere simili – e in Mr. Fini torniamo a seguire le sue imprese, che lo portano a girare il mondo e a osservarlo dalle prospettive più diverse. In brani di puro storytelling come Il Tipo, Medellin o Giacomo, Gué è un testimone degli eventi acuto e attento; in pezzi come L'amico degli amici, No security o Ti levo le collane fa sfoggio di tutta la sua potenza e abilità lirica, con uno stile e una classe degni del jet set internazionale del rap; in episodi più intimi e personali, come Stanza
106 o Ti ricordi?, dimostra una capacità di introspezione, una profondità e una vulnerabilità che è difficile fare emergere in un disco rap.
Anche nel sound, Mr. Fini ambisce a diventare un classico senza tempo, proprio come gli album, i libri e i film preferiti di Gué Pequeno. Il titolo stesso è un riferimento a una lunga tradizione di rapper americani di primo piano che hanno usato il proprio cognome all'interno dei loro lavori (ad esempio Lil Wayne, con la celeberrima serie Tha
Carter): le atmosfere sono pesantemente influenzate dalla musica hip hop con cui è cresciuto, quella di giganti come Nas o Jay-Z, ma declinate al futuro, senza scadere nella nostalgia o nel citazionismo fine a se stesso. Non mancano gli omaggi alla dancehall giamaicana, un genere a cui Gué è particolarmente affezionato fin da ragazzino, e le suggestioni più attuali e contemporanee provenienti da Francia, Inghilterra, Stati Uniti e America Latina. Al suo fianco, come comprimari in questa pellicola d'autore, Gué ha voluto una squadra d'eccezione: collaboratori di lunga data come Luché, Marracash, Sfera Ebbasta e Mahmood; giovani promesse come Geolier, Paky, Rose Villain e Young Rame; grandi protagonisti della nuova scena urban italiana come Lazza e Carl Brave; ma anche un'eccellenza assoluta della musica reggae come Alborosie, e perfino (del tutto a sorpresa) la superstar del rap albanese Noizy. A incorniciare il progetto, le produzioni di 2nd Roof, Shablo, Night Skinny, Low Kidd, SIXPM, Rvchet, AriBeatz e Takagi & Ketra. Un lavoro prezioso, che dimostra la maturità non solo di chi lo ha confezionato, ma di un intero genere musicale, il rap italiano, che grazie ad artisti come Gué Pequeno ormai da anni non ha uguali per ricchezza culturale e capacità di parlare in maniera trasversale ad ascoltatori di tutte le età, compresi i più adulti ed esigenti.